Astronomica Langrenus
Il Sinus Iridum
Se osserviamo una panoramica del settore nordovest del nostro satellite notiamo una prevalenza di regioni relativamente pianeggianti, infatti procedendo da nord verso sud abbiamo il mare Frigoris, il Sinus Roris, gran parte del mare Imbrium, una vastissima porzione dell’oceanus Procellarum ed il Sinus Aestuum. Restringendo l’osservazione alla pianura di Imbrium è percepibile un’ipotetica figura a triangolo ai cui vertici si trovano Plato, Archimedes e, in prossimità del margine nordovest, il Sinus Iridum, l’antica “Baia degli Arcobaleni” denominazione introdotta dal Grimaldi nel 1651. Ci troviamo sul lato nord occidentale del mare Imbrium in una zona compresa tra 40°- 50° di latitudine Nord e 25°- 40° di longitudine Ovest. Si tratta di una struttura la cui conformazione è molto simile ad una insenatura, ad un golfo con un retroterra ricco di rilievi montuosi anche di considerevole altezza.
Ad un primo esame ci troviamo di fronte a ciò che rimane di un grande cratere del diametro di circa 300 chilometri, le cui pareti sud – sudest vennero demolite da corpi meteoritici oltre che dai flussi di lava provenienti dal mare Imbrium. Si presume che il Sinus Iridum abbia avuto origine in seguito ad un impatto meteoritico successivo al catastrofico evento di Imbrium ma, nonostante la posizione decentrata, la catena dei monti Jura con un’altezza di 3800 metri potrebbe essere parte integrante di quell’anello montuoso che ritroviamo per lunghi tratti intorno al mare Imbrium, quale conseguenza dell’onda d’urto sprigionatasi in seguito all’impatto con un grande asteroide. Vediamo ora in dettaglio questa bellissima struttura lunare ad iniziare da est. All’estremità orientale del Sinus Iridum vi è il Cape Laplace, promontorio che si innalza per circa 2750 metri dalla piana del mare Imbrium, già visibile con fase di 9-10 giorni. Osservazione da non perdere in luce solare radente, con lunghe e nerissime ombre che si stagliano sull’area circostante, l’ideale per studiare in dettaglio questa interessantissima zona anche con piccoli telescopi a lente di 80-90 mm oppure riflettori di 100-150 mm a medi ingrandimenti.
Da qui
la piana di Imbrium si estende verso nord-nordovest fino alla base dell’arco
montuoso posto sull’estremità settentrionale del Sinus Iridum, dove avrà un
livello inferiore di circa 600 metri rispetto all’area esterna. E’ possibile
verificare questo dislivello di Iridum rispetto ad Imbrium anche con piccoli
strumenti: è sufficiente osservare in luce radente e vedrete che mentre i Jura
ed Imbrium sono illuminati dal Sole, alla base di questi monti vi apparirà una
zona completamente in ombra a causa della sua minore elevazione. Il fondo di
Iridum è solcato da numerosi e lunghi corrugamenti disposti in posizione
relativamente parallela fra loro di cui la struttura principale, suddivisa in
segmenti multipli, si estende dal Cape Laplace in direzione sudovest dopo avere
interessato marginalmente il cratere Heraclides–A di 6 chilometri di diametro.
Altre ondulazioni minori sono osservabili fin nei pressi del bordo
settentrionale del Sinus Iridum alternate a numerosi piccoli crateri tra cui
Bianchini–G ed Heraclides-E, entrambi di 4 chilometri ma ve ne sono anche di
diametro inferiore, tra cui Heraclides–F di soli 3 chilometri, ottimi per
testare le ottiche dei telescopi oppure per sfide “all’ultimo cratere”.
Sarà di fondamentale importanza osservare in luce solare estremamente radente
in quanto solo in queste condizioni, esaltandone
notevolmente l’altezza e le asperità ben oltre il loro aspetto reale, sarà
possibile uno studio approfondito e dettagliato di piccoli craterini o
corrugamenti alti da poche decine di metri fino ad un massimo di circa 120-150
metri. La reale natura di queste
strutture è ancora piuttosto controversa. Si tratta di ondulazioni originatesi
durante il progressivo raffreddamento dei fronti di avanzata del materiale
lavico? Oppure corrugamenti costituiti da accumuli di regolite comprendente
anche materiali meteoritici di frantumazione? molto probabilmente uno spesso
strato di regolite ricopre antichi fronti lavici. Il Sinus Iridum ha sempre
attirato l’attenzione di appassionati e studiosi. In “La Luna” (1933) A.
Fresa cita testualmente: “Nel passato Chacornac in una “Note sur les
apparence de la surafe lunaire” asserisce che << la
configurazione di questi lidi presenta vaste baie semicircolari, la cui bocca è
in parte ostruita dai detriti del distrutto recinto, precisamente nella
direzione del largo, come si verifica del resto per il fondo del cratere
dell’isola di San Paolo (Oceano Indiano) invaso attualmente dalle acque
dell’Oceano >>””.
L’arco montuoso che domina il Sinus Iridum è costituito in gran parte dalla catena dei monti Jura estesi dal Cape Heraclides a Bianchini, cratere con diametro di 40 chilometri e pareti di 3000 metri. Altri crateri nell’area sono l’irregolare Maupertuis (diametro di 46 chilometri e pareti alte 4200 metri) con le omonime rime costituite da un sistema di depressioni estese per circa 100 chilometri poco a nord di Cape Laplace ed il cratere Sharp, con diametro di 40 chilometri e pareti di 3200 metri. Procedendo verso ovest si giunge infine al promontorio di Cape Heraclides il quale si innalza per 1700 metri sulla piana di Imbrium. E’ interessante ricordare che l’area immediatamente a sudovest del Sinus Iridum nella nomenclatura di Hevelius era conosciuta come “Mauritania”. Proprio la zona a sud di Hercaclides nel 1970 venne fotografata dal modulo Lunokhod 1 sganciato dalla sonda sovietica Luna 17. Ancora più a nord, oltre i monti Jura e superata una regione che nella mappa lunare del Riccioli (1651) era definita “Pruinae Terra” (Terra della brina), vediamo Harpalus, cratere di 39 chilometri posto al centro del Sinus Roris, area pianeggiante di collegamento tra il mare Frigoris ad est-nordest e l’Oceanus Procellarum a sudovest. Al confine tra mare Imbrium e Sinus Iridum oltre ai crateri Helicon e Leverrier, rispettivamente di 21 e 18 chilometri, sarà interessante osservare, ad ovest di Helicon, Helicon–E del diametro di 2,5 - 3 chilometri ed Helicon–C, piccolo craterino del diametro di 1 chilometro, quest’ultimo in corrispondenza di una macchia più chiara rispetto all’area immediatamente circostante, entrambi da studiare rigorosamente con radiazione solare estremamente radente e col “giusto” seeing: si tratta indubbiamente di soggetti difficili, ma se è vero che le difficoltà stimolano le sfide …….. Abbiamo visto come per lo studio dei più fini dettagli presenti nell’area del Sinus Iridum sia di fondamentale importanza osservare in luce solare estremamente radente, mentre una completa illuminazione fornirà di questa struttura una bellissima panoramica. Da non trascurare infine l’osservazione di Iridum lontano dal terminatore, molto utile per lo studio delle variazioni di albedo.
Come si vede,
il lavoro non manca.