Testo tratto da Atene Attica di Francesco Fanelli - Libro terzo – pagina 199 e seguenti
Descrizione
di una Eclisse totale di Sole
PREMESSA: il testo in oggetto è stato trascritto integralmente al
fine di favorirne una migliore lettura e comprensione, rispettandone comunque
lo stile dell’epoca.
221.
Vollero altri, che dilatatasi in certa età la pestilenza in Atene affliggesse
con tale atrocità li corpi humani, che tollerare non potessero sopra le carni
le sindoni più leggiere de finissimi lini, onde invocate le Deità tutte per
soccorso della letale sciagura, ottenessero finalmente quelli infelici la
commune salvezza dalle intercessioni fatte al Dio Ignoto, in memoria di che
decretarono, che non fossero giammai à quello offeriti sagrificii cruenti, ma
solo preghiere humili, e supplicazioni divote.
222.
Si
erano pure confirmati nella opinione dell’Ignoto Dio fino nel anno quarto
della centesima Olimpiade corrispondente agli quattro mila di Roma, quando
questi restò
quasi esanimato per lo spazio di tre hore continue à causa della Ecclisse spaventosa,
e de terremoti orrendi, per la morte
accaduta dell’Auttor della Vita, e della Divinità humanata, di che non
essendo loro riuscito comprendere le ragioni naturali,
esclamavano con appassionate voci
“ Aut Deus in carne patitur, aut tota Mundi machina dissolvitur
”
223.
Prese
dunque motivo l’apostolo da quel titolo di predicare nell’Areopago il vero
Iddio, che ignoravano, sopra di che havendosi lungamente esteso con energia
efficace, confermò l’Angelico discorso, spiegando loro la resurrezione dè
Morti.
224. Con
tutto ciò mal corrisposero molti degli astanti alla divina parola beffeggiando
Paolo, e deridendo la nuova Dottrina.
225.
Altri
sovrapresi dalla novità inaspettata si manifestarono bramosi di replicatamente
intenderlo, e molti si rassegnarono alla essortazione pietosa del Santo maestro,
abbracciando la fede del Redentore e fra questi, internamente però, Dionisio
Areopagita, Damari di lui consorte, ed Aristeo altro Areopagita.
226.
Era
Dionisio homo di eminente virtù, e Nobilità singolare, e perciò aggregato
alla suprema dignità dell’Areopago, onde di lui scrisse Theofane
" Divitiis, gloria, solertia, sapientia omnibus praestans unus erat Senator Areopagi "
227.
Si
haveva trovato questi in Heliopoli Città dell’Egitto con Apollofane Sofista
altro Ateniese nel
tempo delle predette prodigiose tenebre, onde con lui discorrendo sosteneva
contro gli altrui sentimenti, che non potevano essere effetto di densi vapori
fraposti
fra la Terra, ed il Cielo, perché si scoprivano distintamente del firmamento le
stelle.
228.
Sosteneva ben sì contro il disperato terrore de Popoli, quali dubitavano, non
fosse più per comparire il giorno
Impiaque aeternam timuerunt saecula noctem
Che fossero
Ecclissi del Sole, ma prodigiose, perche essendo egli intendentissimo professore
delle cognizioni Astronomiche considerava, che quelle accadono nel Novilunio,
quando la Luna si và accostando al Sole, ma che in quel tempo si avvicinava il
fine di Nisan, cioè di Aprile primo mese dell’Anno, nel quale il Plenilunio
apparisce; asseriva, che erano Ecclissi, ma portentose, perche la Luna tanto
minor del Sole, per quanto se gli affaccia, non può se non in qualche parte
offuscare l’immenso suo splendore, né togliere al mondo la luce; ma che quelli tenebrosi orrori
provenivano da sopranaturale comando, che fece chiudere il grande occhio del
Cielo nella forma, che per opera di Mosè ne secoli antichi haveva convenuto
esperimentare lo stesso Egitto.
229.
Con fervore più acceso faceva comprendere al Sofista, che la Luna per
Ecclissare il Sole sorge dall’Occidente per avvanzare poi all’Oriente, ma
che in quel tempo si levò dall’Oriente per fare la portentosa Ecclissi, indi
retrograda ritornò dove era partita.
230.
Finalmente eccitando Apollofane ad esprimere riflessioni maggiori concluse, che
le Ecclissi ben presto spariscono, non meno per il velocissimo moto lunare, che
del rapido corso del Sole, ma che la continuazione per tre hore delle predette
tenebre terminava il Miracolo orrendo, onde agitato nell’intelletto, e
nel cuore, pronunciò ad alta voce
Deus ignotum in carne patitur, ideoque
Universum hisce tenebris offuscatur !
Perciò
in progresso di tempo scrivendo Dionisio à Policarpo gli andò confirmando il
prodigiosissimo avvenimento in questa forma.
Eramus una ambo, stabamus ad Heliopolim, ac cernebamus, nec
Inopinato, cum Luna fe soli objiciebat (neque enim conjunctionis
tempus
erat) rursusque cum eadem ab ora nona ad vesperam se mediae solis
lineae praeter Naturae ordinem apponebat. Redige autem etiam ali-
quid ei (Apollophane) in memoriam: scit enim etiam objectum ip-
sum à nobis visum esse oriri ab ortus solis, solis extremum dein-
de
repedare. Rursunque non ab eadem parte solis, obitum,
recessum venire, sed ab ea, ut ità dicam, ex diametro erat
contraria.